Incontro dell'11 giugno a Rosate


....Introduzione, Fiabe e Favole, "Il principe ranocchio"
...La versione originale de "Il principe ranocchio" può essere concretamente d'aiuto nella vita.
"La bella addormentata": la fiaba originale e quel che insegna ad un primo livello.
..."La bella addormentata" è la fiaba del Risveglio, dell'Illuminazione. Nella versione originale si ritrovano le indicazioni date da sempre dai Maestri delle varie discipline spirituali.

"La formica e la cicala" una favola dannosa e lontana dagli insegnamenti di Cristo.

 

Meglio non raccontare ai bambini le fiabe di Andersen.
ll soldatino di piombo esempio di materialismo e pessimismo.

Perché parlo di fiabe?


Il comune buon senso può essere ingannato, è più che probabile che genitori e insegnanti attenti considerino positivamente versioni alterate e racconti dannosi per censurare invece ciò che è di valore. Basandosi sulle convinzioni diffuse e riconosciute è inevitabile sia così.


Le fiabe della tradizione scaturiscono da un sapere anteriore all’evoluzione della razionalità. Proprio per questo hanno il potere di oltrepassarla e agire direttamente nel profondo.

Vengono ora alterate per limare le incongruenze che non s’incastrano negli schemi mentali o, banalmente, per farne cartoni animati, film, libri “per bambini”, prodotti adatti alle esigenze del mercato.  Bambina

Ma nelle fiabe quelle che paiono incongruenze sono aperture verso una conoscenza perduta, una saggezza ancestrale di cui la nostra epoca sente il bisogno.
La nostra è infatti un’epoca in cui la fisica s’è staccata dalle concezioni meccanicistiche per approssimarsi sempre più ad una visione olistica, in cui c’è una generale riscoperta del sapere custodito in tradizioni e civiltà lontane, un avvicinamento al pensiero orientale, in cui il “razionale” ha mostrato i suoi limiti rivelando la necessità di una consapevolezza più grande.
Le fiabe offrono la possibilità d’accedervi.

Purtroppo però ora, senza che nessuno se ne accorga, rischiano d’essere distrutte per sempre dalle versioni alterate che la tecnologia rende facile produrre, diffondere, offrire ai bambini con faciloneria.

Versioni alterate che mantengono il potere di entrare l’immaginario collettivo, però, nella migliore delle ipotesi, trasmettono messaggi sterili o di un perbenismo da poco, e in alcuni casi purtroppo profondamente dannosi.

Per questo il lavoro di riflessione sulle fiabe che porto avanti da anni.
Mi rendo conto che dico qualcosa di diverso da ciò che ci si aspetta e da ciò che comunemente viene detto.
Sono davvero lieta di avere l’opportunità di parlare direttamente mercoledì 11 giugno alle ore 21.00 a Rosate, nell’ambito del progetto “Fiato alle storie” (*)
(*) Biblioteca Parrocchiale «don Luigi Negri» -Viale Rimembranze, 30 - 20088 Rosate (Mi) - Tel./Fax 02/90.87.07.12 - info@bibliotecarosate.it







La bella addormentata è la fiaba del Risveglio

FIABA
La bella addormentata (Rosaspina) 
Sleeping Beauty (Rosamond)
La bella durmiente (Preciosa Rosa)
La belle au bois dormant

Riflessioni e considerazioni:
Le fiabe fanno quello che vogliono
Fairytales do as they please
Quando i tempi non sono maturi - Il merito del principe
La bella addormentata è la fiaba del Risveglio
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La bella addormentata è la fiaba del Risveglio


Ogni cosa al suo apparire mostra aspetti che poi si rivelano altri, quindi si dissolve, in un fluttuare continuo in cui nulla è certo, così che  l'esistenza in qualche modo somiglia al sogno.

E, da lungo tempo, si sente parlare di chi, come quando in un sogno ci si rende conto di sognare, ha saputo fermarsi, guardare, vedere ogni cosa per quella che è.
Duemilaseicento anni fa il principe Siddartha divenne il Budda, il “Risvegliato”, ma tutte le tradizioni parlano della possibilità di interrompere il susseguirsi incessante di confusione e paura per non essere più in balia degli eventi.
Da sempre c'è chi parla della possibilità che la Consapevolezza smetta di dormire.
"La bella addormentata" è la fiaba del Risveglio. Rosaspina è la Consapevolezza che dorme.
...Ora, proprio il giorno in cui il principe tentò l'impresa erano trascorsi cento anni. Quando si avvicinò al roveto, non trovò che fiori bellissimi che si scostarono spontaneamente al suo passaggio, ricongiungendosi alle sue spalle, sicché‚ egli passò illeso. 
Giunto nel cortile del castello, vide cavalli e cani da caccia pezzati che dormivano, distesi a terra; sul tetto erano posate le colombe con le testine sotto l'ala. Quando entrò, le mosche dormivano sulla parete e il cuoco, in cucina, tendeva ancora la mano per afferrare lo sguattero, mentre la serva sedeva davanti al pollo nero che doveva spennare.

Egli andò oltre e vide dormire tutta la corte e in alto, sul trono, dormivano il re e la regina. Proseguì ancora e il silenzio era tale che egli udiva il proprio respiro. Finalmente giunse alla torre e aprì la porta della cameretta in cui dormiva Rosaspina. Giaceva là, ed era così bella che egli non riusciva a distoglierne lo sguardo. Si chinò e le diede un bacio.

E, come l'ebbe baciata, Rosaspina aprì gli occhi, si svegliò e lo guardò tutta ridente.
“Ragionevolmente” non ha senso che il principe trionfi solo perché arriva al momento giusto. “Ragionevolmente” il principe deve mostrare la propria forza e supremazia, ci dev’essere la lotta col drago,  nei cartoni animati e nei libricini la lotta contro il drago c'è ed è tutto più "ragionevole".

Ma ciò che è ragionevole è falso.

Perché  non è il premio per qualcosa che possa essere “fatto", non è il risultato di una sequenza di istruzioni.
Per molti è impossibile passare.
 …ogni tanto veniva qualche principe che si avventurava attraverso il roveto tentando di raggiungere il castello. Ma non riuscivano a penetrarvi perché le spine li trattenevano come se si fosse trattato di mani, ed essi si impigliavano e morivano miseramente...

Non è questione di volere o di bravura, non è la conquista del più dotato, del più forte. Nel cristianesimo si usa la parola Grazia e, quali che siano le parole che usano, tutti Maestri dicono che il Risveglio è un dono.


“Accade" quando è tempo che accada.
Un libro all'improvviso. Come mai è rimasto chiuso a coprirsi di polvere? Con quel che c'è scritto sarebbe stato tutto più facile.
Come mai per altri contiene solo parole? O forse anch'io avevo già provato a leggerlo?! 
I Maestri sanno che qualsiasi cosa dicano per molti le loro parole non hanno senso.
Anni a tormentarsi finché ad un certo punto le cose appaiono in un altro modo. Perché non c'è stato modo di vederlo prima? 
Ognuno ha il suo tempo.
I Maestri sanno che c'è chi non sa far altro che andare avanti impotente, tra rabbia, rancore, dispiacere, tristezza e tutte le forme che sa assumere la paura, sballottato da quel che accade tra sofferenza da subire e da distribuire, prima che la sua Consapevolezza possa svegliarsi.
Il Risveglio accade quando “è deciso” che accada.
"Cosa vuol dire 'accade quando è "deciso" che accada?'”, "Chi decide?", “Non si può far nulla che non sia deciso? ”, "E se il principe non passasse?", "Potrebbe decidere di non passare?"
La ragione cerca di fare incastri e ricomporre i suoi schemi. Ma non ci sono incastri e gli schemi vanno spezzati.

Il principe potrebbe non passare? Certo!
Avrebbe tutte le "ragioni" per dar retta al vecchio, lasciar perdere, continuare la sua strada.
Quieto vivere, prudenza o chissà cos'altro e quante volte “ragionevolmente” ci si ferma?
I rovi sono pronti a scostarsi e fiorire al suo passaggio, ma è possibile che lui non li attraversi. E allora?
I cent’anni scadono invano e Rosaspina continua a dormire. 

I Maestri non dicono che il Risveglio accade comunque.   
Il Risveglio accade quando è deciso che accada ma i Maestri non dicono di non fare nulla. Insegnano, indicano pratiche. Anche se per alcuni non porteranno nulla, almeno per ora, serviranno quando sarà il momento.

“Quando scadono i cent'anni?", domanda "ragionevole", la risposta può essere solo paradossale.
La fiaba narra del principe che attraversa i rovi allo scadere dei cent’anni, è di lui che parla la fiaba quindi il momento in cui è lui ad attraversarli non può che coincidere con lo scadere dei cent'anni.

Ma, e qui sta il punto, nel momento in cui sono io ad ascoltarla, la fiaba parla a me.
Sono io il principe e a me la fiaba sta dicendo di non dare retta ai fallimenti,
a me sta dicendo: 
Rosaspina è pronta a svegliarsi, i cent'anni scadono adesso!

FIABA
La bella addormentata (Rosaspina) 
Sleeping Beauty (Rosamond)
La bella durmiente (Preciosa Rosa)
La belle au bois dormant

Riflessioni e considerazioni:
Le fiabe fanno quello che vogliono
Fairytales do as they please
Quando i tempi non sono maturi - Il merito del principe
La bella addormentata è la fiaba del Risveglio
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Una favola DANNOSA: "La formica e la cicala"

“La Formica e la Cicala” è una favola talmente nota e talmente semplice che purtroppo è probabile venga raccontata ai bimbi fin da piccoli.

Il mio “purtroppo” pare assurdo lo so, è una favola considerata educativa e saggia.
La riassumo senza concedere nulla al racconto, non vorrei che venisse trovata proprio da me e raccontata: d’inverno la cicala non ha nulla per sfamarsi e chiede aiuto alla formica che ha grandi scorte di cibo, ma questa la schernisce: “D’estate mentre io lavoravo tu cosa facevi?” “Cantavo.” “Allora adesso balla”. Morale: se non ti preoccupi per il domani te la passerai molto male e giustamente nessuno ti aiuterà.
L'idea è educare i bambini alla lungimiranza:
“Quando le cose vanno bene bisogna tener conto che non sarà sempre così, darsi da fare e risparmiare perché sono tante le cose brutte che possono capitare, sfortune, malattie, vecchiaia "
Ma è davvero per il loro bene?

Stando alla favola il comportamento della formica è l'ideale. Lo è davvero nella realtà?
Non intendo riferirmi a quel che in natura succede a cicale e formiche vere, queste ad esempio, vivono solo in quanto membri di un formicaio, se non sono in grado di farvi ritorno muoiono.
Nella favola, formica e cicala impersonano virtù da imitare e vizi da biasimare. Ma il comportamento da formica è davvero virtuoso? o almeno, assicura davvero un buon futuro?
Ad dir il vero non sempre è così, a volte è il comportamento da cicala a venir premiato. Spesso intervengono altri fattori che con impegno e oculatezza non hanno nulla a che vedere.
Hai voglia a dire che non è giusto, la realtà continua comunque ad essere quella che è.
Il futuro sarà comunque come vorrà essere.
C’era un ragazzo di vari anni più grande di me, era pieno di sogni. Quando si mise in proprio, mi presentò una ragazza con cui aveva iniziato a collaborare e da subito mi fu chiaro che sia la fidanzata di lui che l'eventuale fidanzato di lei, avevano i giorni contati. Avevano tanti progetti e sogni, erano decisi a fare i soldi entro i quarant’anni poi sarebbero andati a vivere dove lui avrebbe potuto camminare tra le colline all'alba, come faceva da piccolo con suo padre, lei avrebbe dipinto e lavorato la ceramica. Ma quando arrivarono a quarant’anni non ne palarono più. L’ultima volta che ci incontrammo fu assurdo che mi chiamassero ancora “bella bambina”. Volevano come sempre che raccontassi di mio figlio, gentili, dato che non l’avevano mai visto. Al solito lei era perfetta: capelli, trucco, mani, tailleur, la chiamò un cliente e dovette scappare via. Rimasti soli l’aplomb da professionista abbandonò di colpo il mio amico: “Ne ha sofferto tanto, sai! E ne soffre. Avrebbe tanto voluto un figlio. L’avrei voluto anch’io, ma per me non è come per lei. All’inizio non ci pensavamo, poi era giusto aspettare, volevamo essere sicuri di potergli dare tutto, ma quando col lavoro avrebbe dovuto essere tutto a posto è arrivata la crisi, rimanere a galla è stata dura. Adesso ormai è tardi”.
Possiamo raccontarci e raccontare qualsiasi cosa, ma la realtà non è come nelle favole.
La realtà è come nelle fiabe! è come il re che se non ne ha voglia non mantiene le promesse, ogni volta che il principe riesce a superare una prova  gliene impone un'altra ancor più difficile. 
Impegno e sacrifici non assicurano nulla. 
Cosa c'è di certo?
C'è che se impegno e sacrifici sono stati tanti, la sconfitta sarà più dura .
C'è che vedendo chi facendo meno ottiene più di noi proveremo rabbia e rancore.
C'è che magari ci sentiremo sbagliati pure per questo o magari faremo come quella donna che alzando il pugno al cielo diceva "stavolta Dio non te la perdono!".
E c'è di certo che la realtà continuerà ad essere quello che è.
È davvero un bene preoccuparsi per il domani? 
Non dico non fare quel che va fatto, intendo “preoccuparsi”, fare rinunce, rimandare al futuro. È davvero un bene rinunciare al sole quando splende perché poi verrà l’inverno? È davvero un bene lavorare senza concedersi il tempo di cantare?

Si vive con l'affanno di non riuscire mai a fare tutto. 
Si fa e si pensa a cosa fare dopo, a cos'altro si sarebbe dovuto fare, a quel che non si è fatto.
Non abbiamo ancora capito?   
Siamo noi il re! Siamo noi stessi a pretendere ogni volta qualcos'altro e non mantenere le promesse che ci siamo fatti.
Per forza non riusciamo a fare tutto!
Continuiamo ad inventare cose da fare.
Continuiamo a correre come muli dietro alla carota appesa al bastone. Lo sappiamo che sarà sempre ad un metro dal nostro muso, ma andiamo avanti, raccontandoci favole e raccontandole pure ai nostri figli. 

Perché questa nostra stupidità? Perché? 
Per paura!
Paura del domani, paura della vecchiaia, paura della malattia, paura di tutte le cose brutte che potrebbero capitare, più ci pensiamo più ce ne vengono in mente, ci svegliamo la notte e non riusciamo più a dormire, roviniamo i momenti belli perché i tarli continuano a rodere.

Quando male ancora vogliamo farci?
Per come vanno le cose, il dogma "prima il dovere e poi il piacere" potremmo pure provare a capovolgerlo, chissà?
"Prima il piacere e poi il dovere" magari funziona meglio!
Qualsiasi cosa capiti possiamo affrontarla solo quando capita.  Che possiamo fare per quel che c'è stato? che possiamo fare per quel che ancora non c'è e chissà come sarà? Soltanto pensarci, ripensarci, preoccuparci, rammaricarci.

Una cosa è fare quel che occorre, un'altra è pensarci, ripensarci, preoccuparci, rammaricarci.
Cosa vogliamo per i nostri figli?
Perché destinarli alla tristezza, alla frustrazione, al rimpianto, alla paura?
Che cantino quando c'è da cantare senza ossessioni inutili!
Sono più di duemila anni che c’è stato detto:
gli uccelli del cielo non seminano, non mietono e non raccolgono in granai, i gigli dei campi non tessono e non filano e nemmeno re Salomone in tutta la sua gloria ha mai vestito come loro, perché dunque angustiarvi chiedendo: “Che cosa mangeremo? Che cosa berremo? Di che ci vestiremo?”,

il domani avrà cura di se stesso,
a ciascun giorno basta il suo affanno.

(Mi sto riferendo al Discorso della Montagna di Cristo, dal Vangelo secondo Matteo 5,1-12)

Il compito impossibile

Abbattere un’intera foresta con attrezzi di vetro prima del tramonto pena la morte: questa è una delle tipiche prove richieste all'eroe della fiaba, così come lo sono le altre raccontate in “Il principe e la principessa”.

Richieste al di sopra di ogni possibilità di realizzazione, spesso pure assurdamente inutili, come quando ne “L’oca d’oro” il re pretende che gli venga portato un uomo in grado di bere tutto il vino delle sue cantine e poi uno in grado di mangiare la montagna di pane sfornato usando la farina dell'intero reame.

Strane prove! Sono solo nonsensi o hanno qualcosa a che fare con la realtà?
 ... ho un grande bosco: se riesci ad abbatterlo fra le sei di questa mattina e le sei di sera, ci penserò su.
Ti hanno mai offerto un lavoro di quelli che se riesci a dimostrare che vali, poi pare ci siano delle buone possibilità? Un'occasione certo, ma prospetti, tabelle, grafici, rendiconti, proiezioni, riconciliazioni, e ti ritrovi sommerso dai dati, tanti troppi dati e non hai idea di come venirne fuori.
 ...diede un colpo e la scure si spezzò in due; prese il cuneo e vi batté‚ con il maglio, ed eccolo ridotto in polvere.
Ti sei mai ritrovato a dover cosegnare un prodotto, un impianto, qualsiasi cosa, con intoppi, anomalie, risultati imprevisti, ritardi dei fornitori, informazioni mancanti e la data di consegna che drammaticamente si avvicina? L’ha decisa chi punta al fatturato, chi vanta la visione globale, chi non vuol saperne di dettagli tecnici: “non portatemi problemi, ma soluzioni!”.
 ...era disperato e credeva di dover morire; si mise a sedere e pianse.
  Ti hanno mai assegnato obiettivi irrealizzabili? Sai cosa accadrebbe se tu dicessi che non tengono conto del momento di stagnazione, della concorrenza, delle carenze del prodotto o della rete di distribuzione o del servizio di assistenza? Non il budget, ma le tue performance verrebbero tacciate d’inadeguatezza, dovuta al tuo atteggiamento rinunciatario, al tuo pessimismo di fondo. Sei un perdente e fuori c’è la fila di chi può prendere il tuo posto.     
Quel che raccontano le fiabe è davvero lontano dalla realtà?  

Ma se il traguardo impossibile viene raggiunto cosa capita nelle fiabe e nella realta?
 ...il re gli domandò: -Hai abbattuto il bosco?-. -Sì- rispose il principe. A tavola, il re disse: -Non posso ancora darti mia figlia in moglie-. Prima doveva fargli un altro lavoro. Il principe domandò che cosa fosse. -Ho un grande stagno- disse il re. -Domattina devi andarci e pulirlo in modo che sia lustro come uno specchio e ci sia dentro ogni sorta di pesci.- Il mattino seguente gli diede una pala di vetro e disse: -Alle sei lo stagno deve essere pronto-. Il principe se ne andò e, quando giunse allo stagno e affondò la pala nel fango, quella si spezzò; allora egli vi affondò la zappa e anche quella si spezzò. Allora si fece tristissimo.
Hai finito? Bene! ti è stato assegnato un budget più ambizioso, un impianto più ostico, un’analisi di dati più difficile. 

E poi?
...il re gli domandò: -Lo stagno è pronto?-. -Sì- rispose il principe, era già pronto.
A tavola, il re disse: -Hai sì messo a posto lo stagno, ma non posso ancora darti mia figlia; prima devi farmi un'altra cosa-. -Che cosa, dunque- domandò il principe. Il re aveva un grande monte, tutto coperto di spini, doveva toglierli tutti, e in cima doveva costruire un grande castello, il più bello che si potesse immaginare, e dentro doveva esserci tutto ciò che occorreva.
Quando si alzò il mattino seguente, il re gli diede una scure di vetro e una barella di vetro, e disse che alle sei tutto doveva essere finito. Quando egli diede il primo colpo di scure nello spineto, la scure andò in frantumi e le schegge volarono intorno, e non poté neanche usare la barella.
Ce l'hai fatta? Alla buon ora e non credere di poter riposare sugli allori!
Le regole? c'è chi deve rispettarle e chi può stabilirle. E se ne ha voglia cambiarle.
La morale la raccontano le favole, le fiabe raccontano la realtà.

Com'è dura la realtà!
Ma cosa si può fare? ci sono risposte?

Le fiabe le risposte le hanno, le hanno tutte.
Ma chi le sottovaluta, chi non sa ascoltarle, chi non trova nulla di male nella pretesa di ammodernarle, non può accedere a nessuna risposta.

E se, per farne prodotti "adatti alle esigenze del pubblico", quel che dicono le fiabe viene  impiastricciato di paccottiglia, il loro sapere viene distrutto per sempre.

Il principe delle fiabe non è né forte né capace


Uno dei malintesi sulle fiabe è il convincimento che il principe sia un personaggio attivo, che il protagonista maschile conquisti principessa e reame grazie alla propria forza e virtù.

Non è così! 

Spesso, come ne “I sei cigni”, il ruolo forte e coraggioso è femminile e, nonostante i luoghi comuni, il protagonista maschile in generale non è in grado di superare le prove, non ha le abilità per farlo e nonostante le indicazioni sbaglia, fallisce, si confonde.

Alla fine trionfa solo perché qualcuno decide di aiutarlo, perché trova un oggetto magico, perché non si fa scrupolo di imbrogliare o semplicemente per caso. 
In Raperonzolo viene irrimediabilmente sconfitto e accecato dalla maga, poi, solo per caso capita nel deserto in cui si trova la fanciulla ed è lei a riconoscerlo e restituirgli la vista con le proprie lacrime. 
In “Il principe e la principessa” è lei che in segreto svolge i compiti impossibili che il re ha assegnato a lui, è lei che ha le conoscenze per riuscire nella fuga risolutiva, è lei che prevede la trappola di oblio, lui cadrà in trappola nonostante gli avvertimenti ed allora è ancora lei che riesce a ridestarlo. 
Questi stessi motivi, si ritrovano ne “Le tre piume”, ne “Il corvo” ed in molte altre. 
Ovvero  
lo stereotipo di supremazia maschile nelle fiabe non c’è!

Ci sono libri, studi, analisi, molto di ciò che vien detto e scritto è basato su preconcetti, c’è un intero impianto culturale costruito su presupposti che non hanno nulla a che vedere col contenuto effettivo delle fiabe.

Una mamma mi diceva "La bella addormentata era la fiaba preferita della mia bambina, ora a sette anni non la sopporta più perché è il principe che fa tutto mentre la principessa dorme e basta”, senza neppur lontanamente immaginare che la lotta contro il drago è solo un’invenzione della Disney. Ma ormai la quasi totalità delle persone è convinta che quella della Disney sia la vera fiaba.

Non c’è nessun drago! Il principe non lotta, non sconfigge nessuno. Il suo non fare assolutamente nulla custodisce l’arcano segreto della fiaba. Segreto che tocca corde profonde, per cercare di capirlo bisogna andare oltre alla razionalità spicciola e lo stesso vale per quanto custodito nelle altre figure maschili mai abbastanza forti e in gamba da farcela.

Il danno che noi tutti subiamo dall’alterazione delle fiabe è il ricevere l’immagine del maschile forte contrapposto al femminile debole. Immagine falsa, mai esistita, non c’è mai stata come archetipo! Immagine che proprio perché contestata, rifiutata, combattuta diviene sempre più forte. 

Ma questo è solo un primo danno, perché alterando le fiabe vengono irrimediabilmente distrutti portali di accesso per verità più profonde. 



In particolare La bella addormentata”, così com'è, è talmente profonda che per parlarne devo ricorrere ad altre fiabe.
 


Il compito impossibile

Los dos príncipes

Il principe e la principessa
The two kings' children
Los dos príncipes

Riflessioni e considerazioni:
Il principe delle fiabe non è mai né forte né valoroso
Il compito impossibile


Érase una vez un rey que tenía un hijo, todavía niño. Una profecía había anunciado que al niño lo mataría un ciervo cuando cumpliese los dieciséis años. Habiendo ya llegado a esta edad, salió un día de caza con los monteros, y, una vez en el bosque, quedó un momento separado de los demás. De pronto se le presentó un enorme ciervo; él quiso derribarlo, pero erró la puntería. El animal echó a correr perseguido por el mozo, hasta que salieron del bosque. De repente, el príncipe vio ante sí, en vez del ciervo, un hombre de talla descomunal que le dice:
- Ya era hora de que fueses mío. He roto seis pares de patines de cristal persiguiéndote, sin lograr alcanzarte.
Y, así diciendo, se lo llevó. Después de cruzar un caudaloso río, lo condujo a un gran castillo real, donde lo obligó a sentarse a una mesa y comer. Comido que hubieron, le dijo el Rey:
- Tengo tres hijas. Velarás una noche junto a la mayor, desde las nueve hasta las seis de la madrugada. Yo vendré cada vez que el reloj dé las horas, y te llamaré. Si no me respondes, mañana morirás; pero si me respondes, te daré a la princesa por esposa.
Los dos jóvenes entraron, pues, en el dormitorio, y en él había un San Cristóbal de piedra.
La muchacha dijo a San Cristóbal:
- A partir de las nueve vendrá mi padre cada hora, hasta que den las tres. Cuando pregunte, contestadle vos en lugar del príncipe.
El Santo bajó la cabeza asintiendo, con un movimiento que empezó muy rápido y luego fue haciéndose más lento, hasta quedarse de nuevo inmóvil.
A la mañana siguiente díjole el Rey:
- Has hecho bien las cosas; pero antes de darte a mi hija mayor, deberás pasar otra noche con la segunda, y entonces decidiré si te caso con aquélla. Pero voy a presentarme cada hora, y cuando te llame, contéstame. Si no lo haces, tu sangre correrá.
Entraron los dos en el dormitorio, donde se levantaba un San Cristóbal todavía mayor, al que dijo, asimismo, la princesa:
- Cuando mi padre pregunte, respóndele tú.
Y el gran Santo de piedra bajó también la cabeza varias veces, rápidamente las primeras, y con más lentitud las sucesivas, hasta volver a quedar inmóvil. El príncipe se echó en el umbral de la puerta y, poniéndose la mano debajo de la cabeza, se durmió.
Dijo el Rey a la mañana siguiente:
- Lo has hecho bien, pero no puedo darte a mi hija. Antes debes pasar una tercera noche en vela, esta vez con la más pequeña. Luego decidiré si te concedo la mano de la segunda. Pero volveré todas las horas, y, cuando llame, responde; de lo contrario, correrá tu sangre.
Entraron los dos jóvenes en el dormitorio de la doncella, y en él había una estatua de San Cristóbal, mucho más alta que los dos anteriores. Díjole la princesa:
- Cuando llame mi padre, contesta.
El gran Santo de piedra estuvo lo menos media hora diciendo que sí con la cabeza, antes de volverse a quedar inmóvil. El hijo del Rey se tendió en el umbral y durmió tranquilamente.
A la mañana siguiente le dijo el Rey:
- Aunque has cumplido puntualmente mis órdenes, todavía no puedo otorgarte a mi hija. Tengo ahí fuera un extenso bosque; si eres capaz de talarlo todo desde las seis de esta mañana hasta las seis de la tarde, veré lo que puedo hacer por ti.
Y le dio un hacha, una cuña y un pico, todo de cristal. Al llegar el mozo al bosque, púsose a trabajar; pero al primer hachazo se le partió la herramienta, probó entonces con la cuña y el pico; más también al primer golpe se le deshicieron como si fuesen de arena. Afligióse mucho y pensó que había sonado su última hora; sentóse en el suelo y se echó a llorar.

A mediodía dijo el Rey:
- Que vaya una de las muchachas a llevarle algo de comer.
- No - contestaron las dos mayores -, no le llevaremos nada. Que lo haga la que pasó con él la última noche.
Y la menor hubo de ir a llevarle la comida. Al llegar al bosque preguntóle qué tal le iba, y él contestó que muy mal. Díjole la doncella que comiese algo; pero el príncipe se negó. ¿Para qué comer, si tenía que morir? Ella lo animó con buenas palabras, y, al fin, pudo persuadirlo de que comiera. Cuando hubo tomado algún alimento, le dijo:
- Te acariciaré un poquitín, y así te vendrán pensamientos más agradables.

Y bajo sus caricias, sintiendo el muchacho un gran cansancio, se quedó dormido. Entonces la princesa, sacando el pañuelo y haciéndole un nudo, golpeó con él por tres veces la tierra, exclamando:
- ¡Trabajadores, aquí!
E inmediatamente aparecieron muchísimos enanos y le preguntaron qué les mandaba.
- En tres horas debe quedar talado, todo el bosque y estibados todos los troncos.
Los hombrecillos llamaron en su ayuda a toda su parentela, pusiéronse a la faena y, a las tres horas, todo estaba listo. Presentáronse a la princesa a comunicárselo, y ella, sacando de nuevo el pañuelo blanco, gritó:
- ¡Trabajadores, a casa!
Y, en un abrir y cerrar de ojos, todos se esfumaron. Al despertarse el hijo del Rey tuvo gran alegría, y la princesa le dijo:
- En cuanto den las seis, te vienes a casa. Así lo hizo, y le preguntó el Rey:
- ¿Has talado el bosque?
- Sí - respondió él.
Estando en la mesa, díjole el Monarca: - Todavía no puedo darte a mi hija por esposa. Quiero que hagas aún otra cosa.
- ¿Qué cosa? - preguntó el muchacho.
- Tengo un gran estanque. Mañana irás allí y le quitarás todo el barro, de manera que quede límpido y terso como un espejo, y, además, habrá de contener toda clase de peces.
Por la mañana le dio una pala de cristal y le dijo: - A las seis debe quedar listo el trabajo.
Marchóse el mozo y, llegado al estanque, al clavar la pala en el cieno se le rompió. Probó luego con el azadón, pero se le partió igualmente; y otra vez sintióse invadido por la tristeza. A mediodía, la princesita volvió a llevarle comida, y le preguntó qué tal le iba el trabajo. El muchacho hubo de responderle que muy mal, y que le costaría la cabeza:
- Se me ha roto de nuevo la herramienta -añadió.
- Lo mejor es que comas algo. Así te vendrán otras ideas.
Resistióse él a comer, diciendo que estaba demasiado triste, pero ella insistió hasta persuadirlo. Luego volvió a acariciarlo, y él se quedó dormido. Sacó la doncella el pañuelo, le hizo un nudo y, golpeando el suelo con él, por tres veces gritó:
- ¡Trabajadores, aquí!
Y volvieron a comparecer muchísimos enanitos, los cuales le preguntaron qué deseaba. En el espacio de tres horas deberían limpiar completamente el estanque, dejándolo tan terso que uno pudiese mirarse en él, y, además, debían poblarlo de todo género de peces. Pidieron los enanos la ayuda de sus congéneres, y a las dos horas quedaba todo terminado. Después se presentaron a la princesa, diciéndole:
- Hemos hecho lo que nos ordenaste.
Y la princesa, sacando el pañuelo y dando con él otros tres golpes en la tierra, dijo:
- ¡Trabajadores, a casa!
Al despertar el hijo del Rey, el estanque estaba limpio, y la princesa le dijo que a las seis regresara a palacio. Preguntóle el Rey al llegar:
- ¿Has limpiado bien el estanque?
- Sí - respondió el príncipe.
- A pesar de ello, todavía no puedo otorgarte la mano de mi hija. Debes hacer otra cosa.
- ¿Qué cosa? - preguntó el mozo.
- Tengo una gran montaña - dijo el Rey -, toda ella invadida de matorrales y espinos. Tendrás que cortarlos y edificar en la cumbre un gran palacio, magnífico, como nadie haya visto jamás otro semejante. Y dentro le pondrás todos los muebles y enseres domésticos.
Cuando se levantó a la mañana siguiente, el Rey diole un hacha y una barrena, las dos de cristal, y lo despachó advirtiéndole que a las seis debería estar todo terminado. Al primer golpe que asestó a un espino, el hacha le voló en mil pedazos, y tampoco hubo modo de utilizar la barrena.
Afligido, aguardó el muchacho la llegada de su princesa, esperando que volviera a sacarlo de su difícil situación. Y, en efecto, presentóse a mediodía con la comida. Salióle él al encuentro y, después de comer un poquito, durmióse otra vez bajo sus caricias.
La princesa sacó de nuevo el pañuelo y repitió la llamada:
- ¡Trabajadores, aquí!
Y nuevamente aparecieron los enanitos y pidieron órdenes. Díjoles ella:
- En el término de tres horas debéis tener cortado toda la maleza y los espinos, y construido en lo alto de la montaña el palacio más bonito que un hombre pueda imaginar, y provisto de todos los muebles y enseres necesarios.
Salieron los hombrecillos en busca de sus parientes, y, a la hora señalada, la labor había quedado lista. Acudieron a comunicarlo a la princesa, y ella, golpeando la tierra por tres veces con su pañuelo, exclamó:
- ¡Trabajadores, a casa!
Desaparecieron todos en el acto. Al despertarse el hijo del Rey y ver todo aquello, sintióse feliz como el pájaro en el aire, y a las seis se encaminaron los dos a palacio.

- ¿Está terminado el trabajo? - preguntó el Rey.
- Sí - respondió el príncipe. Ya en la mesa, dijo el Monarca:
- No puedo darte a mi hija menor antes de que haya casado a las dos mayores.
Estas palabras entristecieron profundamente a los dos jóvenes: pero no se veía la manera de solucionar el caso. Llegada la noche, los dos príncipes huyeron. Cuando ya se habían alejado un buen trecho, al volverse ella a mirar atrás vio a su padre que los perseguía.
- ¡Ay! - exclamó -. ¿Qué hacemos ahora? Mi padre viene en nuestra busca y nos alcanzará. Mira, te transformaré en espino, y yo me convertiré en rosa. En el centro de la zarza seguramente estaré a salvo.
Y, al llegar el Rey al lugar, sólo vio una zarza espinosa y una rosa en medio. Intentó cortar la flor, pero se le clavó una espina en el dedo, obligándolo a desistir y a regresar a palacio. Preguntóle su esposa por qué no había capturado a los fugitivos, y el Rey le explicó que, cuando ya casi los había alcanzado, de repente desaparecieron de su vista, y sólo vio un rosal con una rosa en medio. Dijo la Reina:
- Pues debiste cortar la rosa. El rosal habría seguido por sí mismo.
Marchóse de nuevo el Rey en busca de la rosa; pero, entretanto los fugitivos habían avanzado mucho, y su perseguidor fue tras ellos sin descanso. Volvió la princesa nuevamente la cabeza y vio a su padre. Y dijo:
- ¡Ay! ¿Qué hacemos? Te transformaré en una iglesia, y yo seré el cura y predicaré desde el púlpito.
Al llegar el Rey se encontró frente a un templo, en cuyo púlpito un cura estaba predicando. Escuchó el hombre el sermón y regresa a palacio; entonces su mujer volvió a preguntarle por qué no traía a la pareja. Respondió el Rey:
- Corrí largo trecho tras ellos, y cuando ya creía darles alcance, me encontré con una iglesia, y en el púlpito, un cura predicando.
- Debiste traerte al cura - riñóle la mujer -. La iglesia habría seguido por sí sola. Ya veo que de nada sirve mandarte a ti. No hay más remedio; tengo que ir yo misma.

Cuando la Reina vio desde lejos a los que huían, su hija, que también había visto a su madre, exclamó:
- ¡Ay de nosotros! ¡Qué desgracia! Ahora viene mi madre en persona. Te transformaré en estanque, y yo seré un pez.
Al llegar la Reina al lugar, extendióse ante ella un gran estanque, en cuyo centro saltaba un pececito, el cual asomó alegremente la cabecita por encima de la superficie. La mujer intentó cogerlo, pero en vano. Airada y colérica, bebióse todo el estanque, con la esperanza de capturar al pez. Mas le vino un mareo tan terrible, que tuvo que vomitar toda el agua que se había tragado. Dijo entonces:
- Bien veo que esto no tiene remedio - y, dirigiéndose a los príncipes, los invitó a acercarse a ella y hacer las paces. Al despedirse dio tres nueces a su hija, diciéndole:
- Te serán de gran utilidad cuando te encuentres en un apuro.
Y los jóvenes prosiguieron su camino.
Habrían andado cosa de diez horas, cuando llegaron al palacio del que había salido el príncipe. Junto al palacio había una aldea. Y dijo el príncipe:
- Aguárdame aquí, querida; yo iré a casa de mi padre y volveré a buscarte con un coche y criados.
Cuando se presentó en el castillo, todo el mundo sintió una gran alegría por tener entre ellos al hijo del Rey. Contóles él que su novia lo esperaba en el pueblo y dispuso que saliesen a buscarla con una carroza. Engancháronla, pues, y subieron en ella numerosos criados; y cuando se disponía a subir el príncipe, su madre le dio un beso, y, al instante, se borró de su memoria todo lo que le había sucedido y cuanto había de hacer. Ordenó la madre que desenganchasen y regresó la comitiva a casa.
Mientras tanto, la doncella estaba en el pueblo, consumiéndose de impaciencia. Mas nadie acudía. Al fin, la princesa hubo de colocarse como sirvienta en un molino, propiedad del Rey.
Allí había de pasarse las tardes al borde del río, fregando platos. Hasta que un día la Reina que había salido a pasear por aquellos lugares, viendo a la diligente muchacha, exclamó:
- ¡Qué jovencita tan hacendosa! De veras que me gusta.
Todas la miraron, pero nadie la reconoció.
Transcurrió largo tiempo, y la muchacha continuaba sirviendo en casa del molinero con toda lealtad y honradez. Entretanto, la Reina había buscado una nueva novia para su hijo, una joven de lejanas tierras, y la boda debía celebrarse en cuanto llegase. Congregóse un gran gentío deseoso de presenciar la fiesta, y la princesa pidió permiso al molinero para ir a verla también.
Díjole el amo:
- Vete, pues, si quieres.
Ella, antes de marcharse, abrió una de las tres nueces, que contenía un vestido maravilloso. Se lo puso, se fue a la iglesia y se colocó junto al altar. Entraron los novios y se sentaron en primer término. El cura se disponía a echarles la bendición, cuando he aquí que los ojos de la novia acertaron a posar sobre la hermosa muchacha que estaba de pie cerca de ella. Levantóse en seguida y declaró que no se casaría mientras no tuviera un vestido tan primoroso como el de aquella dama. Regresaron todos a palacio y, mandando llamar a la joven, le preguntaron si quería vender su vestido.
- No, venderlo no - respondió ella -; pero la novia podría ganárselo.
¿Cómo? ¿Qué quería decir con estas palabras? Entonces ella les ofreció la prenda a cambio de que le permitiesen dormir aquella noche ante la puerta del príncipe. La novia no vio en ello inconveniente alguno y asintió. Y, sentándose en el umbral, la muchacha prorrumpió a llorar y recordó a su amado cuanto por él había hecho. Cómo gracias a su ayuda había sido talado el bosque, limpiado el estanque y construido el castillo; cómo lo había transformado en rosal, luego en templo y, finalmente, en lago. ¡Y ahora lo había olvidado todo! Pero el hijo del Rey no pudo oírla, pues los criados habían recibido orden de administrarle un somnífero; sin embargo, como estaban despiertos, lo habían oído todo y quedaron perplejos.
Al levantarse, a la mañana siguiente, la novia púsose el vestido y se dirigió a la iglesia con su prometido, mientras la muchacha abría la segunda nuez y sacaba de ella otro vestido más precioso aún que el de la víspera. Y ocurrió como la víspera. Otra vez fue autorizada a pasar la noche junto a la puerta que daba acceso al dormitorio del príncipe, y otra vez recibieron los criados la orden de administrar un somnífero al príncipe. Pero diéronle uno que lo mantuvo despierto. Y la moza molinera volvió a su llanto y a la enumeración de todas las cosas que por él había hecho. Oyóla el príncipe y sintió en su corazón una gran tristeza. Mas, de repente, se iluminó su memoria y recordó con claridad todo lo pasado. Quiso salir en busca de la doncella, pero su madre había cerrado la puerta con llave, por lo cual hubo de esperar a que apuntase el día. Entonces fue al encuentro de su amada, contóle lo ocurrido y le pidió que no le guardase rencor por haberla tenido tanto tiempo olvidada. La princesa abrió entonces la tercera nuez y vio que contenía un vestido más bello aún que los anteriores. Se lo puso y se encaminó a la iglesia con su novio.
Y acudieron muchísimos niños, que les ofrecieron flores y les cubrieron el camino de cintas multicolores. Luego bendijo el cura su unión y se celebró una fiesta brillantísima y llena de alegría. La falsa madre y su hija hubieron de marcharse. Y quien lo ha contado últimamente, tiene aún la boca caliente.

Fiaba 113 dei fratelli Grimm

The two kings' children

Il principe e la principessa
The two kings' children
Los dos príncipes

Riflessioni e considerazioni:
Il principe delle fiabe non è mai né forte né valoroso
Il compito impossibile


There was once on a time a King who had a little boy of whom it had been foretold that he should be killed by a stag when he was sixteen years of age, and when he had reached that age the huntsmen once went hunting with him. In the forest, the King's son was separated from the others, and all at once he saw a great stag which he wanted to shoot, but could not hit. At length he chased the stag so far that they were quite out of the forest, and then suddenly a great tall man was standing there instead of the stag, and said, "It is well that I have thee. I have already ruined six pairs of glass skates with running after thee, and have not been able to get thee." Then he took the King's son with him, and dragged him through a great lake to a great palace, and then he had to sit down to table with him and eat something. When they had eaten something together the King said, "I have three daughters, thou must keep watch over the eldest for one night, from nine in the evening till six in the morning, and every time the clock strikes, I will come myself and call, and if thou then givest me no answer, to-morrow morning thou shall be put to death, but if thou always givest me an answer, thou shalt have her to wife."
When the young folks went to the bed-room there stood a stone image of St. Christopher, and the King's daughter said to it, "My father will come at nine o'clock, and every hour till it strikes three; when he calls, give him an answer instead of the King's son." Then the stone image of St. Christopher nodded its head quite quickly, and then more and more slowly till at last it stood still. The next morning the King said to him, "Thou hast done the business well, but I cannot give my daughter away. Thou must now watch a night by my second daughter, and then I will consider with myself, whether thou canst have my eldest daughter to wife, but I shall come every hour myself, and when I call thee, answer me, and if I call thee and thou dost not reply, thy blood shall flow." Then they both went into the sleeping-room, and there stood a still larger stone image of St. Christopher, and the King's daughter said to it, "If my father calls, do you answer him." Then the great stone image of St. Christopher again nodded its head quite quickly and then more and more slowly, until at last it stood still again. And the King's son lay down on the threshold, put his hand under his head and slept. The next morning the King said to him, "Thou hast done the business really well, but I cannot give my daughter away; thou must now watch a night by the youngest princess, and then I will consider with myself whether thou canst have my second daughter to wife, but I shall come every hour myself, and when I call thee answer me, and if I call thee and thou answerest not, thy blood shall flow for me."

Then they once more went to the sleeping-room together, and there was a much greater and much taller image of St. Christopher than the two first had been. The King's daughter said to it, "When my father calls, do thou answer." Then the great tall stone image of St. Christopher nodded quite half an hour with its head, until at length the head stood still again. And the King's son laid himself down on the threshold of the door and slept. The next morning the King said, "Thou hast indeed watched well, but I cannot give thee my daughter now; I have a great forest, if thou cuttest it down for me between six o'clock this morning and six at night, I will think about it." Then he gave him a glass axe, a glass wedge, and a glass mallet. When he got into the wood, he began at once to cut, but the axe broke in two, then he took the wedge, and struck it once with the mallet, and it became as short and as small as sand. Then he was much troubled and believed he would have to die, and sat down and wept.

Now when it was noon the King said, "One of you girls must take him something to eat." - "No," said the two eldest, "We will not take it to him; the one by whom he last watched, can take him something." Then the youngest was forced to go and take him something to eat. When she got into the forest, she asked him how he was getting on? "Oh," said he, "I am getting on very badly." Then she said he was to come and just eat a little. "Nay," said he, "I cannot do that, I shall still have to die, so I will eat no more." Then she spoke so kindly to him and begged him just to try, that he came and ate something. When he had eaten something she said, "I will comb thy hair a while, and then thou wilt feel happier."

So she combed his hair, and he became weary and fell asleep, and then she took her handkerchief and made a knot in it, and struck it three times on the earth, and said, "Earth-workers, come forth." In a moment, numbers of little earth-men came forth, and asked what the King's daughter commanded? Then said she, "In three hours' time the great forest must be cut down, and the whole of the wood laid in heaps." So the little earth-men went about and got together the whole of their kindred to help them with the work. They began at once, and when the three hours were over, all was done, and they came back to the King's daughter and told her so. Then she took her white handkerchief again and said, "Earth-workers, go home." On this they all disappeared. When the King's son awoke, he was delighted, and she said, "Come home when it has struck six o'clock." He did as she told him, and then the King asked, "Hast thou made away with the forest?" - "Yes," said the King's son. When they were sitting at table, the King said, "I cannot yet give thee my daughter to wife, thou must still do something more for her sake." So he asked what it was to be, then? "I have a great fish-pond," said the King. "Thou must go to it to-morrow morning and clear it of all mud until it is as bright as a mirror, and fill it with every kind of fish." The next morning the King gave him a glass shovel and said, "The fish-pond must be done by six o'clock." So he went away, and when he came to the fish-pond he stuck his shovel in the mud and it broke in two, then he stuck his hoe in the mud, and broke it also. Then he was much troubled. At noon the youngest daughter brought him something to eat, and asked him how he was getting on? So the King's son said everything was going very ill with him, and he would certainly have to lose his head. "My tools have broken to pieces again." - "Oh," said she, "thou must just come and eat something, and then thou wilt be in another frame of mind." - "No," said he, "I cannot eat, I am far too unhappy for that!" Then she gave him many good words until at last he came and ate something. Then she combed his hair again, and he fell asleep, so once more she took her handkerchief, tied a knot in it, and struck the ground thrice with the knot, and said, "Earth-workers, come forth." In a moment a great many little earth-men came and asked what she desired, and she told them that in three hours' time, they must have the fish-pond entirely cleaned out, and it must be so clear that people could see themselves reflected in it, and every kind of fish must be in it. The little earth-men went away and summoned all their kindred to help them, and in two hours it was done. Then they returned to her and said, "We have done as thou hast commanded." The King's daughter took the handkerchief and once more struck thrice on the ground with it, and said, "Earth-workers, go home again." Then they all went away.

When the King's son awoke the fish-pond was done. Then the King's daughter went away also, and told him that when it was six he was to come to the house. When he arrived at the house the King asked, "Hast thou got the fish-pond done?" - "Yes," said the King's son. That was very good.

When they were again sitting at table the King said, "Thou hast certainly done the fish-pond, but I cannot give thee my daughter yet; thou must just do one thing more." - "What is that, then?" asked the King's son. The King said he had a great mountain on which there was nothing but briars which must all be cut down, and at the top of it the youth must build up a great castle, which must be as strong as could be conceived, and all the furniture and fittings belonging to a castle must be inside it. And when he arose next morning the King gave him a glass axe and a glass gimlet with him, and he was to have all done by six o'clock. As he was cutting down the first briar with the axe, it broke off short, and so small that the pieces flew all round about, and he could not use the gimlet either. Then he was quite miserable, and waited for his dearest to see if she would not come and help him in his need. When it was mid-day she came and brought him something to eat. He went to meet her and told her all, and ate something, and let her comb his hair and fell asleep. Then she once more took the knot and struck the earth with it, and said, "Earth-workers, come forth!" Then came once again numbers of earth-men, and asked what her desire was. Then said she, "In the space of three hours they must cut down the whole of the briars, and a castle must be built on the top of the mountain that must be as strong as any one could conceive, and all the furniture that pertains to a castle must be inside it." They went away, and summoned their kindred to help them and when the time was come, all was ready. Then they came to the King's daughter and told her so, and the King's daughter took her handkerchief and struck thrice on the earth with it, and said, "Earth-workers, go home," on which they all disappeared. When therefore the King's son awoke and saw everything done, he was as happy as a bird in air.

When it had struck six, they went home together. Then said the King, "Is the castle ready?" - "Yes," said the King's son. When they sat down to table, the King said, "I cannot give away my youngest daughter until the two eldest are married." Then the King's son and the King's daughter were quite troubled, and the King's son had no idea what to do. But he went by night to the King's daughter and ran away with her. When they had got a little distance away, the King's daughter peeped round and saw her father behind her. "Oh," said she, "what are we to do? My father is behind us, and will take us back with him. I will at once change thee into a briar, and myself into a rose, and I will shelter myself in the midst of the bush." When the father reached the place, there stood a briar with one rose on it, then he was about to gather the rose, when the thorn came and pricked his finger so that he was forced to go home again. His wife asked why he had not brought their daughter back with him? So he said he had nearly got up to her, but that all at once he had lost sight of her, and a briar with one rose was growing on the spot.

Then said the Queen, "If thou hadst but gathered the rose, the briar would have been forced to come too." So he went back again to fetch the rose, but in the meantime the two were already far over the plain, and the King ran after them. Then the daughter once more looked round and saw her father coming, and said, "Oh, what shall we do now? I will instantly change thee into a church and myself into a priest, and I will stand up in the pulpit, and preach." When the King got to the place, there stood a church, and in the pulpit was a priest preaching. So he listened to the sermon, and then went home again.

Then the Queen asked why he had not brought their daughter with him, and he said, "Nay, I ran a long time after her, and just as I thought I should soon overtake her, a church was standing there and a priest was in the pulpit preaching." - "Thou shouldst just have brought the priest," said his wife, "and then the church would soon have come. It is no use to send thee, I must go there myself." When she had walked for some time, and could see the two in the distance, the King's daughter peeped round and saw her mother coming, and said, "Now we are undone, for my mother is coming herself: I will immediately change thee into a fish-pond and myself into a fish.

When the mother came to the place, there was a large fish-pond, and in the midst of it a fish was leaping about and peeping out of the water, and it was quite merry. She wanted to catch the fish, but she could not. Then she was very angry, and drank up the whole pond in order to catch the fish, but it made her so ill that she was forced to vomit, and vomited the whole pond out again. Then she cried, "I see very well that nothing can be done now," and said that now they might come back to her. Then the King's daughter went back again, and the Queen gave her daughter three walnuts, and said, "With these thou canst help thyself when thou art in thy greatest need." So the young folks went once more away together. And when they had walked quite ten miles, they arrived at the castle from whence the King's son came, and close by it was a village. When they reached it, the King's son said, "Stay here, my dearest, I will just go to the castle, and then will I come with a carriage and with attendants to fetch thee."

When he got to the castle they all rejoiced greatly at having the King's son back again, and he told them he had a bride who was now in the village, and they must go with the carriage to fetch her. Then they harnessed the horses at once, and many attendants seated themselves outside the carriage. When the King's son was about to get in, his mother gave him a kiss, and he forgot everything which had happened, and also what he was about to do. On this his mother ordered the horses to be taken out of the carriage again, and everyone went back into the house. But the maiden sat in the village and watched and watched, and thought he would come and fetch her, but no one came. Then the King's daughter took service in the mill which belonged to the castle, and was obliged to sit by the pond every afternoon and clean the tubs.

And the Queen came one day on foot from the castle, and went walking by the pond, and saw the well-grown maiden sitting there, and said, "What a fine strong girl that is! She pleases me well!" Then she and all with her looked at the maid, but no one knew her. So a long time passed by during which the maiden served the miller honorably and faithfully. In the meantime, the Queen had sought a wife for her son, who came from quite a distant part of the world. When the bride came, they were at once to be married. And many people hurried together, all of whom wanted to see everything. Then the girl said to the miller that he might be so good as to give her leave to go also. So the miller said, "Yes, do go there." When she was about to go, she opened one of the three walnuts, and a beautiful dress lay inside it. She put it on, and went into the church and stood by the altar. Suddenly came the bride and bridegroom, and seated themselves before the altar, and when the priest was just going to bless them, the bride peeped half round and saw the maiden standing there. Then she stood up again, and said she would not be given away until she also had as beautiful a dress as that lady there. So they went back to the house again, and sent to ask the lady if she would sell that dress. No, she would not sell it, but the bride might perhaps earn it. Then the bride asked her how she was to do this? Then the maiden said if she might sleep one night outside the King's son's door, the bride might have what she wanted. So the bride said, "Yes, she was willing to do that." But the servants were ordered to give the King's son a sleeping-drink, and then the maiden laid herself down on the threshold and lamented all night long. She had had the forest cut down for him, she had had the fish-pond cleaned out for him, she had had the castle built for him, she had changed him into a briar, and then into a church, and at last into a fish-pond, and yet he had forgotten her so quickly. The King's son did not hear one word of it, but the servants had been awakened, and had listened to it, and had not known what it could mean. The next morning when they were all up, the bride put on the dress, and went away to the church with the bridegroom. In the meantime the maiden opened the second walnut, and a still more beautiful dress was inside it. She put it on, and went and stood by the altar in the church, and everything happened as it had happened the time before. And the maiden again lay all night on the threshold which led to the chamber of the King's son, and the servant was once more to give him a sleeping-drink. The servant, however, went to him and gave him something to keep him awake, and then the King's son went to bed, and the miller's maiden bemoaned herself as before on the threshold of the door, and told of all that she had done. All this the King's son heard, and was sore troubled, and what was past came back to him. Then he wanted to go to her, but his mother had locked the door. The next morning, however, he went at once to his beloved, and told her everything which had
happened to him, and prayed her not to be angry with him for having forgotten her.

Then the King's daughter opened the third walnut, and within it was a still more magnificent dress, which she put on, and went with her bridegroom to church, and numbers of children came who gave them flowers, and offered them gay ribbons to bind about their feet, and they were blessed by the priest, and had a merry wedding. But the false mother and the bride had to depart. And the mouth of the person who last told all this is still warm.

Fiaba 113 dei Fratelli Grimm