Chi non conosce le fiabe pensa di trovarvi le solite morali.
Ma le fiabe contengono verità profonde, non semplici ovvietà.
Il protagonista non si guadagna il lieto fine, lo ottiene grazie ad altri.
Nelle fiabe le virtù abituali non hanno valore.
Il Grullo non ha nessun merito nel superamento delle prove del Re.
Non è né intelligente, né abile. Non si accorge neppure che è sempre il vecchio omino grigio ad aiutarlo.
Visto che alla fine l'omino grigio dice
"Faccio tutto questo perché‚ sei stato pietoso con me”, ci si può persuadere che la fiaba voglia elogiare la bontà d’animo.
Ma il Grullo non è poi così buono.
Si comporta malissimo con quelli che si appiccicano all’oca, ragazze, religiosi, lavoratori. Li fa correre.
Li porta dalla principessa per farla ridere.
In questa fiaba non ci sono intelligenza, abilità, dedizione e non viene premiata la bontà,
perché questa fiaba non ha voglia di dir bugie. Nella vita reale il successo arriva un'infinità di volte a chi non ha proprio niente di speciale, anzi vale sicuramente meno di altri. È meno intelligente, meno abile, lavora meno.
Per anni mi sono ostinata a dipinger l’Oca d’oro e regalarla ai bambini, domandandomi se fosse solo uno scherzo o cercasse di dire qualcosa.
Il Grullo è un buono a nulla, come ripete il padre e come sanno tutti.
E non fa niente per non esserlo.
Trovata l’oca un altro cercherebbe di mettere a frutto un simile tesoro, invece lui va alla locanda e il mattino dopo qua e là dove lo portano le gambe con l’oca in braccio ed un codazzo di gente dietro. Fa proprio lo stupido.
Non gli passa nemmeno per la testa di dover diventare quello che potrebbe piacere agli altri.
Non dovrebbe mettersi a mangiare appena arrivato nel bosco. Dovrebbe tagliare legna, come si aspettano a casa, e serbare il cibo per dopo.
I suoi fratelli, giudiziosamente, s’eran messi subito al lavoro spiegando al vecchio che non potevan dargli nulla per non ritrovarsi poi, stati stanchi e affamati, a non aver di che saziarsi.
La Ragione tien sempre conto della miseria, (come in “
La pappa dolce”). Il Grullo no. Lui
non si preoccupa per il futuro.
Non sente la necessità di fare il proprio dovere. Lo sanno tutti che è un cretino, non ha neppure un nome è solo “il Grullo”, quindi è completamente libero dal senso della propria importanza, non ha bisogno di prendersi nessuna responsabilità.
Divide il cibo con il primo che gli capita, non perchè ne provi pena, giusto per il gusto di mangiare in compagnia.
Non lo rattrista che la madre gli abbia dato meno che ai fratelli, si limita a dire all’omino di aver solo quello da offrirgli.
Che il Re continui mancargli di parola è ingiusto, ma lui non soffre risentito, si occupa di superar le prove
.
Non si fa problemi di amor proprio. Non gl’importa.
Nemmeno dell'oca gl'importa.
L’oca è come la canzone azzeccata che rende famoso uno sconosciuto, una moda, un’intuizione, un prodotto indovinato, una promozione, un incarico.
Dà popolarità, bene o male, il che di solito significa stress, logorio, paura di perderla.
Ma lui è un balordo spensierato, vede il lato comico della situazione e fa ridere la principessa.
L’oca è così poco importante che la fiaba non ne parla più.
A lui importa solo ciò che vuole.
Vuole andare nel bosco? ci va!
Vuole far ridere la principessa? la fa ridere!
Vuol sposarla e diventare re? ed alla fine è come vuole lui!
Protestare che le principesse delle fiabe si limitano passivamente a farsi sposare è scontato ma superficiale.
Ormai è consuetudine considerare due componenti della personalità, una maschile, razionale e scientifica,(Ragione, Logo, Yang), una femminile, intuitiva e sentimentale, (Anima, Ying), e ritenere auspicabile la loro fusione armonica.
Le fiabe col matrimonio finale alludono a questa unione.
E la Principessa che non sa ridere è la componente femminile, l’Anima, con le sue emozioni e fragilità spesso portata alla tristezza.
Oppure la principessa può essere intesa come l’
aspirazione più vera e profonda. Quello scopo che una volta individuato si sa di volere con tutto il cuore. Quel sogno nel cassetto che se entrasse a far parte della propria vita, trasformerebbe ogni giorno in un giorno da Re. Diventare cantante, scrittore, vivere in riva al mare, aprire una cartoleria, lavorare con i motori, addestrare cani, dedicarsi in pieno a quell’attività che riesce ad essere a mala pena un hobby.
Il più delle volte non ci si permette nemmeno di pensare quale possa essere, troppo gravati da ciò che bisogna fare, dalle responsabilità, dalle aspettative altrui.
Invece,se si fosse liberi, se non ci si lasciasse coinvolgere da niente e da nessuno, gironzolando qua e là dove portano le gambe, infischiandosene di passar per grulli, ad un certo punto per caso si potrebbe arrivare alla città dove c’è la principessa che val davvero la pena sposare.
La principessa ride forte quando vede che il Grullo si fa gioco di ogni tentativo di abbindolamento da parte di chicchessia.
Con l’Anima che ride e la certezza di quel che si vuole, si può cominciare a pensare di vivere felici.
Ma non è ancora fatta!
Il re che continua a porre prove somiglia alla realtà.
Superato un ostacolo, al posto del risultato prospettato, c'è ancora un altro ostacolo
.
Abilità, intelligenza, impegno non bastano mai.
Il Grullo non demorde. Ma non si logora cozzando con l'impossibile.
Non si fa problemi di non essere all’altezza, non esser degno, dà per scontato di non essere in grado di farcela.
Ogni volta va in cerca del vecchio omino grigio, sa che può trovarlo nel bosco.
Non deve chiedere nulla, incontra sempre qualcuno i cui bisogni rappresentano la soluzione alla prova posta dal re,
quel che serve ad altri coincide quel che fa comodo a lui. Non deve chiedere ma offrire opportunità così come all’inizio non aveva fatto la carità ma mangiato in compagnia per il piacere di farlo.
Ecco quel che la fiaba cerca di dire!
È il Grullo che sposa la principessa e diventa Re perché
ha il merito e la virtù d’esser Grullo.
L'oca d'oro
The golden goose
La oca de oro
L'oie d'or
Riflessioni e considerazioni
Consideration